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L’unica via per la pace?

da David Green
tradotto da Paolo Tallone – Creazionismo e Scienza

Una delle domande con cui la maggior parte delle persone si confronta prima o poi è: come possono trovare il loro “adattamento” alla realtà? Come possono sentirsi a casa nel mondo reale e sentirsi a proprio agio? Alla fine, come possono essere in pace con la loro sorte? con le loro sfide quotidiane e il loro futuro a lungo termine?

Illustrazioni a cura di ddraw e putra_purwanto / Envato Elementsonly-way-to-peace

Alcune persone trovano la pace nell’autocompiacimento. Ma questo è fragile e alla fine, come tutti noi, affrontiamo la morte, il grande e ultimo distruttore di qualsiasi visione della pace che potremmo avere. L’oblio, come molti considererebbero la morte, non è questa pace tanto ricercata!

Ciò li porta al dilemma a cui la “religione” dovrebbe rispondere: dove è disponibile la pace? Trovare la pace nella nostra realtà significa, in ultima analisi, trovare la pace con Dio. Si tratta giustamente di una ricerca religiosa. Ma poi la domanda torna ai cristiani: “Perché dici che Gesù di Nazaret è l’unica via per la pace con Dio? dopo tutto, non tutte le religioni insegnano la stessa cosa?”

Questa questione è affrontata nell’analisi dell’apostolo Paolo nella sua lettera del 58 d.C. circa, indirizzata ai cristiani di Roma (Romani 1, in particolare 1:24–25). Egli definisce le due religioni fondamentali: l’adorazione della creazione in varie forme e l’adorazione del Creatore.

Ciascuno affronta tali domande in modo diverso. Uno di loro risponderebbe che la pace può essere trovata solo all’interno della creazione. Ciò significa, infine, che la pace si trova solo in noi stessi, anche se travestiti da “dio” di un tipo o dell’altro. La grande contraddizione ironica qui è che la pace viene ricercata proprio nel contesto che è la fonte della non-pace!

L’altra risposta di cui parla Paolo si trova al di fuori della creazione, presso il Creatore (1:16–17): l’Unico che ha la prospettiva completa e può rispondere a questa domanda fondamentale della vita in modo accurato e definitivo.

Guardando dentro la creazione

La risposta di coloro che sono lontani da Dio considera la creazione, o “natura” o “universo”, come fine a sé stesso e come tutto ciò che esiste. In questa visione, qualsiasi “dio” è qualcosa o qualcuno all’interno della creazione, parte del cosmo in cui viviamo e da cui dipendiamo.

Ma c’è qualcosa in questo che non quadra. C’è dentro di noi un desiderio che cerca qualcosa oltre la creazione. Qualcosa di non soddisfatto dal cosmo materiale che è sempre in declino, in quanto materia ed energia muta, impersonale, del tutto indifferente agli interessi delle persone.

Il Vangelo – la misericordiosa offerta da Dio su come possiamo riconciliarci con Lui attraverso la fede – ci dà la risposta che ci porta fuori dalla creazione. Siamo persone e andiamo oltre il mero materiale per la connessione personale. Lo sappiamo l’uno con l’altro. Viviamo nelle relazioni. Le buone relazioni rendono quasi tutto il resto relativamente insignificante.

Andiamo oltre il cosmo perché al suo interno non c’è connessione per la fonte della personalità, per la relazione. Esso non riesce a soddisfare questo aspetto.

La risposta biblica è che il nostro desiderio di relazione deriva dall’essere fatti a somiglianza del nostro Creatore: riflettendolo e conoscendolo.

La relazione con Dio è mostrata nei primi passaggi della Bibbia (Genesi 1): Dio il Padre ha voluto (1:1), lo Spirito si è preso cura di lui (1:2), e in seguito leggiamo (Giovanni 1:1–3, 12–13) che è stata la Parola, Dio Figlio, a generare la creazione. Tutti e tre agirono insieme per completare la creazione, pur restando separati da essa e mai fusi con essa.1

I “giorni della creazione”, altamente contestati, sono Dio che dimostra la Sua presenza e azione all’interno del cosmo, mostrando che è qui con noi, anche se non ne fa parte. Egli è piuttosto anteriore alla creazione, che dipende da Lui.

I giorni collocano l’azione creatrice di Dio in tempo reale, lo stesso tempo reale in cui ci troviamo. I giorni non sono simboli, figurativi o mera finzione, e nemmeno lo sono gli atti di Dio. Non sono il tempo vago e non tracciabile del mito o della fiaba; si delineano come veri e propri giorni della storia. Forniscono l’indizio che la reale azione di Dio nella creazione è connessa con la nostra reale esperienza della creazione, nella quale noi “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo”, a tal proposito Paolo cita il filosofo-poeta greco Epimenide (Atti 17:28).2 I giorni della creazione portano una connessione con Dio nell’intimità della nostra esperienza quotidiana di vita.

Nella cadenza dei giorni, tutto mostra il compimento. Essi ribaltano le nozioni che collocano Dio all’interno e del cosmo di cui “l’evoluzione teistica” è il primo esempio oggi. Ha l’effetto di fondere Dio con la creazione, così come qualsiasi “principio” secondario che sostituisce la creazione mediante la Parola di Dio e ne attenua il potere e l’identità di Dio.

È la Parola in cui si trovano le risposte alle nostre domande, riguardanti sia la ricerca della pace, sia chi è il nostro vero Dio. Sappiamo dal racconto di Giovanni Apostolo della vita e dell’opera di Gesù di Nazaret che Egli è la Parola (Giovanni 1:1–5). Cioè Egli è Dio stesso oltre che essere con Dio, nel mistero complesso del Dio che è trino in uno. Egli è, inoltre, il Creatore! Paolo riflette su questo nella sua lettera alla chiesa di Colosse: 1:16–17.

Ne consegue che l’unica soluzione per trovare e avere la pace non può essere all’interno del cosmo, dove la maggior parte delle persone guarda e che è esso stesso il luogo del malcontento. Cercare la pace nella creazione è il segno distintivo del paganesimo. Il paganesimo moderno ci mostra la sua inutilità portando immediatamente a un’orgogliosa ossessione per sé stessi o a un’altezzosa morale pavoneggiante, per poi scendere ad una cruda dimostrazione di potere coercitivo a livello politico, economico e sociale.3

La fonte della pace deve essere nella nostra connessione fondamentale con il nostro Creatore che è l’origine della nostra personalità (Ebrei 11:3). Gesù di Nazareth durante il Suo tempo sulla Terra spiegò questo, diagnosticò il problema e lo affrontò come solo il Creatore poteva fare (Giovanni 3:14–18).

Ha deposto la sua vita e l’ha ripresa, dimostrando di essere Dio. E che Egli è l’unico che può portarci dall’alienazione del peccato in questo mondo decaduto di sofferenza, alla pace. Pace con Dio e pace dentro di noi.

È solo questa soluzione che affronta la realtà così com’è. Può essere compreso solo in una creazione realizzata dall’intenzione del Creatore; una creazione che non è una muta disposizione della materia risultante da un’impossibile catena di eventi materiali accidentali.

Cristo, titolo di Gesù di Nazareth, è il Creatore; e solo il Creatore può portare la pace alle creature che ha creato perché possano liberamente amarlo per sempre. Ecco perché non può esserci alternativa a Cristo Gesù.

Pubblicato in homepage: 3 giugno 2024

Riferimenti e note

  1. Vedi gli articoli sotto Is one God really three persons? creation.com/god#trinity. Torna al testo.
  2. I dettagli della vita del poeta (VII o VI secolo a.C.) sono oscuri e contaminati da elementi mitici. La poesia si riferiva a Zeus, che Paolo applicò a Dio come Colui nel quale esistiamo. Torna al testo.
  3. Jones, P., Pagans in the Pews, Baker Pub Group, 2001; Neopaganism inside the Church, youtu.be/QC4fO-Kzjck?t=40, accesso 16 agosto 2022. Torna al testo.

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